TOP NEWSUncategorizedVENETO

PADOVA : OPERAZIONE “BLACK MALL”. CRAC DA 36 MILIONI DI EURO DI UNA SOCIETÀ AVVICENDATASI NELLA GESTIONE DI UN CENTRO COMMERCIALE. FERMATI 9 SOGGETTI E SEQUESTRATI BENI PER DIVERSI MILIONI DI EURO.

I Finanzieri del Comando Provinciale di Padova, a conclusione di un’articolata indagine
delegata dalla Procura della Repubblica di Rovigo – riguardante le vicende societarie che
hanno coinvolto i gestori di due centri commerciali, uno a Capena (RM), alle porte della
capitale, l’altro a Borgo Veneto (PD), nel padovano – hanno dato esecuzione, in data 25
maggio, nelle province di Roma e Brescia, a un’ordinanza nei confronti di nove soggetti –
indagati per i reati di bancarotta fraudolenta societaria, patrimoniale e documentale, per
frode fiscale e per plurime condotte di autoriciclaggio – emessa dal Giudice per le Indagini
Preliminari, dott. Pietro Mondaini, su richiesta del dott. Andrea Bigiarini, magistrato titolare
delle indagini.
Nel dettaglio, è stato emesso un provvedimento restrittivo della libertà personale, che ha
disposto la misura della custodia cautelare nei confronti di sette indagati, sei imprenditori e
un direttore di banca, di cui quattro tradotti in carcere e tre sottoposti agli arresti domiciliari,
e il divieto di esercizio dell’attività professionale e imprenditoriale nei riguardi dei restanti
due, specificamente un ulteriore imprenditore e un architetto.
Sono stati eseguiti, inoltre, i sequestri preventivi di disponibilità finanziarie, ammontanti a
oltre 2 milioni di euro, presenti su 63 conti correnti, intestati a tre degli indagati,
responsabili, tra l’altro, di reati tributari, e a 7 imprese compiacenti, beneficiarie delle
distrazioni operate dalla società padovana fallita e oggetto della presente indagine.
Le investigazioni, inizialmente svolte dai militari della Compagnia di Este sotto la direzione
dell’Autorità giudiziaria capitolina per gli accadimenti riferiti al centro commerciale di
Capena, sono state avviate, parallelamente, dalla Procura della Repubblica di Rovigo,
allorquando si rilevava, mediante operazioni straordinarie di scissione e di cessione di
rami d’azienda, nonché utilizzo di fatture false per asseriti lavori edili e artificiosi
appostamenti contabili, il sistematico e rilevante depauperamento dei patrimoni aziendali
delle imprese coinvolte, così cagionando una serie di fallimenti, l’ultimo dei quali nel
padovano con un passivo di oltre 36 milioni di euro.
Pertanto, al fine di consentire la continuità aziendale, gli imprenditori coinvolti si sono
avvalsi, da un lato, di perizie “gonfiate”, realizzate da un professionista compiacente per
mascherare lo stato di insolvenza e di dissesto che si era generato, e, dall’altro, della
collaborazione di un direttore di banca, che, sottraendosi agli obblighi previsti dalla
normativa antiriciclaggio, ha consentito ai sodali di distrarre rilevanti somme di denaro,
veicolandole all’interno di società costituite ad hoc, utilizzate quali “casseforti” per il
perseguimento di fini e interessi personali. Già nella fase “romana” delle indagini, i
Finanzieri della Compagnia di Este avevano eseguito, nel corso del mese di giugno 2019,
tre misure di custodia cautelare in carcere nei confronti degli amministratori di fatto e di
diritto delle società coinvolte, sottoponendo a vincolo cautelare 6,8 milioni di euro circa,
frutto di reati fallimentari e di autoriciclaggio.
Nella tranche di indagini coordinata dalla Procura rodigina, inoltre, all’indomani del
sequestro di beni per oltre 1 milione di euro dello scorso mese di luglio – tra cui 5
autovetture di lusso, 3 fabbricati e le quote sociali di 2 società di capitali – pari all’imposta
sul valore aggiunto evasa con l’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti, sono emersi
precisi indizi di colpevolezza nei confronti degli amministratori, dei soggetti compiacenti e
dei professionisti che li hanno assistiti. In particolare, è stato accertato che
l’organizzazione, tutt’altro che fuori dai giochi, era in procinto di acquisire, con le
consolidate modalità riscontrate durante le indagini, altri centri commerciali dislocati
sull’intero territorio nazionale, facendo anche ricorso a contributi erogati per far fronte
all’emergenza sanitaria in atto attraverso imprese riconducibili alla compagine criminale.
Oltre al pericolo di reiterazione dei reati, l’Autorità giudiziaria ha ravvisato anche la
sussistenza del rischio d’inquinamento probatorio, essendosi gli indagati prodigati a
distruggere varie fonti di prova e a falsificare, tra l’altro, i contratti di leasing di alcune
autovetture sequestrate, stampandoli proprio in prossimità degli Uffici del Tribunale di
Rovigo, organo deputato a pronunciarsi in ordine al mantenimento del vincolo reale.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button